curiosità stroriche padovane  1°

IL RICCHISSIMO ARCHIVIO ANTICO DELLA CITTA'

Padova nobile città fra le più anziane d'Itala, ricco municipio dell'Impero Romano, fra le prime per virtù d'ingegni, per le arti e per le scienze segui ben volentieri il provvido Decreto dell'imperatore Giustiniano regnante nel 528, che ordinava in ogni provincia venisse costruito un edificio per raccogliervi i pubblici documenti. Grande e copioso fu l'Archivio di Padova, ma disgraziatamente venne più volte distrutto dalle invasioni dei barbari e dai numerosi incendi. Unica memoria storica dell'epoca romana ci restano le lapidi, copiosamente descritte e commentate dall'illustre abate Giuseppe Furlanetto nella sua opera: «Le lapidi patavine illustrate».

La Repubblica Padovana sorta poco prima del 1200 ebbe gran cura di ripristinare il civico Archivio, e delle leggi che i Padovani emisero dal 1200 al 1300, epoca in cui Padova tocco l'apice della sua gloria, ancor oggi possediamo Ie copie. Erano leggi cosi eccellenti che ebbero vigore per ben sei secoli, con  poche correzioni volute dai tempi e dai cambiamenti di Governi. Nel 1265 Padova temendo che I'Archivio non fosse sicuro nel Palazzo del Comune volle che una copia di tutti i documenti, leggi, statuti ecc. fosse custodita in grandi casse di ferro presso la sacrestia dei Frati di S. Giustina. Tali casseforti avevano tre chiavi, una la tenevano i Consiglieri eletti dal popolo, una il Podestà e la terza il Sagrestano dei frati, e le casse non si potevano aprire che in presenza del Podestà, di quattro Consiglieri e di quattro capi delle Corporazioni artigiane chiamate Fraglie,. Malgrado ciò l'Archivio non poté andar esente da tristi vicende, e coll'andar degli anni o per incuria o per interesse di persone o rivoluzioni di popolo molte preziose carte andarono disperse.

Anche il 3 settembre 1318 quando Padova proclamo a suoi Signori i Carraresi e a Podestà de Rossi, furono distrutte molte carte del pubblico Archivio. Net 1420, quindici anni dopo che Padova cadde in potere della Repubblica veneta, un incendio distrusse la maggior parte dei documenti più antichi e molti ancora oggi esistenti sono anneriti'dal fuoco e quasi illeggibili. Dissero alcuni cronisti che quell'incendio fu voluto segretamente dalla Serenissima allo scopo di distruggere carte a lei contrarie ed anche per meglio primeggiare sulle provincie conquistate distruggendone le gloriose memorie. Tale incendio distrusse in parte anche il Salone dove era conservato l'Archivio. Ma se il Salone fu rifatto anche migliore di prima, disparvero irrimediabilmente i documenti di quelle famose epoche della Padova Repubblica e Carrarese. Il Comune ordino che i documenti in avvenire fossero collocati nell'antica Cancelleria e che fossero nominati due competenti archivisti e custodi.
 
A quell'epoca era Cancelliere il celebre Sicco Polentone (vedi statua n. 39 in Prato) uomo assai colto e amatissimo della città. Egli raccolse documenti sparsi  tra privati e conventi e tento di restaurare l'Archivio, ma pare non riuscisse con soddisfazione nel suo intento, perché dopo dieci anni di lavoro, I'11 settembre 1430 rinuncio all'incarico. Coi pochi documenti salvati dall'incendio, con altri raccolti da Polentone si ricompose un piccolo Archivio. Il Comune deliberò che gli atti notarili fossero depositati alla Cancelleria e che morti i notai gli eredi cedessero gli atti al Cancelliere. Ma tale decreto fu quasi sempre inosservato e tante volte il Cancelliere dovette riacquistare dai pizzicagnoli interi volumi di antichi atti notarili come nel 1503 quelli preziosi del notaio Guglielmo de Brosturi. In seguito la legge fu fatta severamente ,osservare ed in tal modo l' archivio crebbe tanto che non poteva più essere contenuto, nelle stanze della Cancelleria.
Molta parte dell'Archivio si dovette trasportare nel 1600 nella Loggia del Consiglio in Piazza dei Signori e con grande confusione si arrivo al 1721 nel quale anno la città affidò l'incarico di riordinare una cosi preziosa raccolta ai quattro notai Sala, Giacomi e fratelli Lovo che fecero del loro meglio, ma non con la precisione, dovuta.

Si arrivo cosi al 1797 nel quale anno le armi Napoleoniche spensero Ia Repubblica Veneta e invasero queste provincie. Allora vennero cambiate le leggi, trasformati gli Uffici pubblici e cambiati persino i confini delle provincie, e cosi anche l'Archivio andò diviso in molte parti e molti preziosi documenti passati qua e la nelle nuove magistrature andarono dispersi. Molto pero resto in mano del Comune, ma giaceva ogni cosa tanto confusa e mescolata che neanche il suo custode ne capiva niente. Nel 1822 il Governo austriaco aderendo al desiderio degli studiosi che volevano veder riordinato un cosi prezioso ricordo della città, permise che venisse nominato un Direttore che avesse cognizioni vaste nella materia. La scelta cadde suI sacerdote Arrigo Arrigoni, il quale venne nominato Archivista con l'annuo stipendio di lire 2190. Morto l'Arrigoni di colera nel 1836 gli successero altri più o meno competenti finché nel settembre 1845 la carica venne affidata all'illustre e compianto prof. Adrea GIoria. Fu allora che finalmente una cosi preziosa raccolta ebbe un assestamento veramente scientifico, ed il Gloria corresse gli errori di elencazione fatti dai suoi predecessori e avvio a nuova vita l'Archivio. Essendo in principio del secolo. avvenuta la soppressione delle Confraternite religiose e delle Corporazioni o Fraglie degli artigiani, il Fisco affido all'Archivio civico tutte le carte e documenti che trovo presso i soppressi conventi e fraglie e quindi esso divenne ricco di storiche memorie. Si ebbero cosi di nuovo in nostro possesso pergamene del 900 e del 1000 fino al 1400 in numero di più che ventimila autografi d'Imperatori e di Sommi Pontefici, e tutti questi uniti agli altri dal 1400 in poi formano alcuni milioni di atti. II Gloria riordino quanto poté e l'opera sua continua ben affidata nelle mani dei suoi successori.

 

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Ignazio Sommer (Merzio)